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Jason Lytle, Dept. of Disapperance, Anti, 2012 |
Prima di internet c'erano i negozi di dischi. Ci sono ancora, ma solo prima di internet erano il luogo da cui attingevo per conoscere nuova musica, e una volta, quando ancora ero un ragazzino che non conosceva le potenzialità della rete o che semplicemente non aveva la banda larga, mi trovai in libera uscita in uno di questi a Londra. I nomi dei gruppi sugli scaffali erano diversi da quelli presenti in Italia, mai sentiti o a lungo invano cercati in patria e così approfittai della situazione acquistando senza indugiare tre dei dischi che mi avrebbero segnato per i successivi anni. Il bottino comprendeva uno scontatissimo a sole 5 sterline Yoshimi Battles the Pink Robots dei Flaming Lips, una raccolta di due vecchi LP, Tadpoles e Keynsham, della Bonzo Dog Band e infine l'allora inedito Sumday dei Grandaddy.
Era la prima volta che mi azzardavo all'acquisto di artisti mai ascoltati prima e devo riconoscere di aver avuto fortuna: ogni album apparteneva ad un mondo diverso, ognuno dei quali diventò immediatamente mio, permettendomi di approfondire il nascente interesse per la musica.
Li ascoltai a non finire, imparando a conoscerne ogni dettaglio e maturando grazie ad essi un gusto personale e indipendente. Nel giro di breve tempo entrarono tutti e tre nell'ancora ristretta cerchia degli artisti preferiti in cui finalmente adesso comparivano dei gruppi ancora in vita. Si può quindi comprendere il mio disappunto quando qualche anno dopo, nel 2006, venni a sapere che Just Like the Fambly Cat sarebbe stato l'ultima opera dei Grandaddy, che di fatto sanciva lo scioglimento del gruppo. L'album era imperniato da una certa nostalgia, come se volesse far intendere che la fine era inevitabile, e questa ne era la maestosa espressione.
Sapevo già da tempo che dietro il nome Grandaddy si nascondeva il genio del suo leader, Jason Lytle, ma scoprire che l'intero ultimo disco della band -e il meraviglioso EP precedente- fosse stato scritto e suonato (quasi) esclusivamente da lui mi sorprese: capii che il progetto era cambiato, ma la sostanza rimaneva la stessa.
Cominciai così ad aspettare l'ufficiale debutto solista di Jason Lytle, intanto crebbi. Quando Yours Truly, The Commuter uscì, ascoltai con piacere che insieme a me anche la musica di Jason Lytle aveva raggiunto una nuova forma, intima e delicata. La mia passione per i Grandaddy avrebbe continuato a crescere.
Ho aspettato prima di ascoltare Dept. of Disappearance, volevo il momento adatto, l'intimità di cui avevo bisogno per poter approfondire quella relazione musicale intrapresa più di un decennio fa. Lontano da casa, proprio come quella volta in Inghilterra, ma con la stessa musica nelle orecchie, anche se diversa. C'è una tristezza di fondo in queste melodie, una fragile malinconia che si respira dall'inizio alla fine, un senso di solitudine che mi si appiccica addosso, eppure mi viene da pensare a quanto sia bello tutto ciò. C'è una flebile voce a rassicurarmi di fronte al buio dell'inverno che sta per arrivare, e anche se gli arrangiamenti appaiono grossolani nella loro imprecisione, quasi a sottolineare la naturale semplicità dei brani, c'è una monumentalità che si staglia imponente di fronte a me, ma che potrebbe spezzarsi con un tocco tanto è fragile. E poi arrivano quei momenti in cui tutto si scioglie, e allora lascio andare un sospiro di sollievo, pensando che la musica sarà sempre al mio fianco, qualsiasi cosa succeda, qualunque, ci sarà sempre la sua atmosfera che mi riscalda, mi riempie e mi
intanto, i Grandaddy si sono riuniti.
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