Lotus Plaza, Spooky Action at a Distance, Kranky, 2012 |
È solo questione di ruoli. In ogni classe c'è sempre quello simpatico, quella bella, o il bullo, la stupida, o ancora il secchione, l'artista.. e se non ci sono, li si inventa. Per l'intero liceo ho impersonato uno dei personaggi più monotoni e noiosi del mio repertorio: dato che nessuno aveva scelto i panni dell'introverso, me li sono trovati addosso. Se non l'avessi fatto io probabilmente qualcun altro si sarebbe fatto avanti, ma attenzione, non è stata una scelta meditata, tanto meno un'alternativa da me considerata, è semplicemente successo, e così, nonostante i propositi fossero altri, ho recitato con zelo e convinzione la parte.
In qualunque insieme di persone, di qualsiasi tipo, è inevitabile il raggiungimento di un equilibrio interno, arrivando talvolta anche a forzature e concessioni pur di mantenere vera questa legge naturale, con la possibilità che lo scemo del gruppo sia in realtà più sveglio del leader.
Ero convinto che Bradford Cox nella sua realizzazione di Atlas Sound fosse l'apice della timidezza eppure quando lo vedi nei suoi Deerhunter ti sembra di vedere un'altra persona, carismatica ed eccentrica, alla disinvolta guida di un gruppo che se vuole sa andare giù pesante, ed è solo una svista se per caso si nota alle sue spalle un altro personaggio, innocuo e silenzioso anche mentre canta.
Lotus Plaza è il compagno di giochi di Atlas Sound, ed è lo pseudonimo di Lockett Pundt, il mite chitarrista dei Deerhunter. Se due prime donne in un gruppo sono troppe, lo sono anche due introversi bambinoni, e così ecco che l'equilibrio nei Deerhunter è l'esagerazione da entrambi i poli, proprio come due magneti dello stesso segno che entrano troppo a contatto e si allontanano violentemente.
Quando canta, Lotus Plaza lo fa con dolcezza, che cerca di nascondere dietro riverberi esagerati e chitarre squillanti. A tratti sembra di udire uno scolaretto cantare alla recita di fine anno, e le intonazioni adulte della sua voce, le parole strascicate appaiono tenere, dando un potere imprevisto alle composizioni. Di contrasto, le melodie sono forti, immediate e fresche, accompagnate ora da riff adolescenziali e maturi, ora da accattivanti ritornelli. L'album non ha pretese, non vuole imporsi, anzi, sembra quasi voglia fuggire da qualsiasi ambizione, e proprio questo suo atteggiamento percepibile in ogni traccia lo rende grande. Ti scivola nella testa e quando finisci di ascoltarlo ti stai ancora chiedendo "di già?!" che ricomincia a suonare nelle casse, perché quelle canzoni dalle candide intuizioni e dalle rudi concretizzazioni sanno arrivarti dentro.