The Beach Boys, That's why God made the Radio, Capitol Records, 2012 |
Dei supporti musicali, alla mia infanzia è toccato il peggiore, la cassetta.
Udivo distrattamente intorno a me nostalgiche voci d'ogni età decantare lo splendore dell'era lp, dove il suono analogico era vivo e il formato elegante (voci insistenti o radicalmente vere se perfino oggi mi capita di incontrare ragazzi più giovani di me che pensano la stessa cosa), mentre tra le mani avevo un bizzarro oggetto con due buchini, e un nastro che se provavi ad avvolgerti intorno al dito poi all'ascolto successivo avresti sentito i musicisti lamentarsi per un'improvvisa e non voluta interruzione, dopodiché la canzone era persa per sempre. Tra le altre cose, la cassetta aveva un grande limite, inconcepibile nell'era mp3 eppure di grande familiarità fino a poco più di dieci anni fa: non potevi scegliere la canzone, o meglio, potevi cercare di acchiapparla alternando un REW a un FF, ma dovevi essere davvero deciso a volerla recuperare, e il più delle volte finiva che ti accontentavi di ascoltarla già iniziata, oppure -come facevo io- di ascoltare gli ultimi 20/30 secondi della canzone precedente.
C'era una cassetta, rubata a qualche fratello, che ascoltavo ripetutamente, senza tirare avanti o indietro alcun pezzo, ma rispettando l'ordine che le era stato dato, e anzi, considerandola quasi come un'unica canzone. Ogni volta che l'avevo nelle orecchie era una gioia, mi sentivo sopra a tutto, e immaginavo di andare in bicicletta, sentire il vento tra i capelli e pedalare verso il sole che si nascondeva dietro il mare. Mi dava energia, e forse l'immaginarsi in bicicletta a pedalare grintosamente era un modo come un altro di un ottenne per esaltarsi. Quella cassetta, o meglio il suo lato A, è stato il mio primo contatto con i Beach Boys. I get around, Fun fun fun, California Girls, Good vibrations (..) erano un concentrato di allegria e trionfo, di eterno ottimismo, e io l'ho amavo. Poi un giorno girai la cassetta, forse solo per curiosità, a me bastava il primo lato, era già enorme il mondo che mi dava. Scoprii con stupore che c'era un altro aspetto nella musica dei Beach Boys, più introverso e intimo. Wouldn't it be nice, Heroes and Villains, Darlin', Break away (..) mi mostrarono una nuova dimensione, e fu l'inizio di un amore che non si è più interrotto. Sono cresciuto ascoltando musica di trenta, quarant'anni prima e mentre mi facevo grande, la storia dei Beach Boys mi scorreva nelle orecchie. All'esuberante e spensierato surf iniziale seguì la ricerca del suono perfetto, melodie e armonizzazioni che si rivolgevano direttamente a dio, pazzie di un genio troppo fragile. Alle immagini solari degli otto anni si sostituirono quelle più cupe e travagliate dei quindici, e l'autore era sempre lui, Brian Wilson.
Ho esitato ad ascoltare il nuovo disco dei Beach Boys, cercavo un continuo pretesto per distogliere l'attenzione dall'evento. Fino a due anni fa un disco del genere sarebbe stato impensabile, tanto che i Boys, ormai trasformatisi in arzilli vecchietti, erano divisi in tre gruppi diversi, ognuno dei quali portava in scena materiale del gruppo e non intendeva compromessi con gli altri. Ma poi, giunse l'anniversario. Il gruppo compie 50 anni, nuovo disco con quello che è rimasto della band riunita e tour mondiale! La paura di una mossa commerciale dichiarata mi creava non pochi disagi a prendere in mano il disco, timoroso di una colossale delusione di quelli che furono e continuano ad essere tra i miei eroi.
Sentirli di nuovo tutti insieme, le loro voci che si mescolano in armonizzazioni e coretti à la Beach Boys è la prima cosa che attira l'attenzione, e si è troppo concentrati a riconoscere i timbri per poter badare alle melodie, che a un primo ascolto sfilano innocue, non catturano ma allo stesso tempo non disturbano e ti fanno tirare un sospiro di sollievo "almeno, non è brutto". Poi si prova ad ascoltarlo, come fosse un album e non una reliquia, e ci si accorge che contiene dei grandi pezzi, belli e intensi, il cui marchio Brian Wilson vi è impresso forte, e le voci del gruppo si alternano con un'intesa tipica di quello che è stato un tempo, e a quanto pare, è ancora. Nessun tentativo di riproporre vecchi ritornelli, il surf e le belle ragazze appartengono al passato, così come il buio e l'angoscia. Quello che resta è la consapevolezza per ciò che si ha vissuto, gioia e spensieratezza, ma anche intimità e malinconia, e la maturità di saperlo rielaborare.
A volte, è giusto fermarsi, per restare sempre nei cuori dei fan. Non in questo caso.