giovedì 5 luglio 2012

Giant Giant Sand - Tucson

Giant Giant Sand, Tucson,
Fire, 2012
L'immaginazione non segue alcuna logica, è libera di vagare in terre sconosciute alla ragione, anche se prende stimoli da essa, e allora metto su il disco dei Giant Sand, allargatisi ora a un nuovo Giant, e provo a vedere cosa ne viene fuori.

Un deserto di terra battuta, selvaggio e privo di vita, qualche roccia a spezzare l'orizzonte, ed io.
Ascolto il ritmo regolare del mio respiro e mi guardo intorno, cercando di capire cosa faccio qui in mezzo. Strizzo gli occhi per abituarmi alla vastità dello spazio che mi circonda, mi giro più volte su me stesso per trovare un qualunque orientamento, incrociando gli accecanti riflessi del sole, che ancora alto nel cielo penetra fin sotto la mia pelle. Interpreto le crepe del suolo, infantili abbozzi di fulmini, come segni di sofferenza della terra, e mi sento meno solo. Alzo lo sguardo al cielo, sfidando il sole in tutto il suo splendore, ma sono costretto a ritornare quasi immediatamente sui miei passi, abbasso il volto e mi porto le mani agli occhi, cercando di scacciare la luce che vi è entrata. Guardo ancora intorno a me, adesso macchie viola e arancioni popolano la distesa prima vuota, e per quanto io le insegua con la vista, esse sfuggono rimanendo misteriose e indefinite. Lentamente i colori si fanno meno abbaglianti e le macchie si rimpiccioliscono facendo spazio ad alcuni dettagli del paesaggio che prima mi erano inspiegabilmente sfuggiti, in particolare attira la mia attenzione un vecchio e dimesso distributore di benzina. Provo a cercare degli indizi che rivelino la presenza di una strada quando dal nulla spunta fuori una musica da saloon, sento perfino il caratteristico suono delle porte a persiana che vanno avanti e indietro, avanti e indietro, avanti e indietro ad ogni persona che le valica. Mi concentro sulla musica, ma come succedeva con le macchie, più presto attenzione e più il mistero si infittisce. Comincio a convincermi che la prolungata assenza d'acqua e il sole cocente stiano producendo i loro effetti, e mi sento protagonista di una di quelle stilizzate vignette con al centro le allucinazioni dell'uomo con la bandana che striscia nel deserto, solo che intorno a me non c'è nessun cactus e i miei miraggi sono sonori e non potrebbero essere rappresentati con disegni. Appena percepito il mio dubbio circa la sua veridicità, la musica si fa più forte, viva, come se il gruppo che la stesse producendo si trovasse di fronte a me. Tendo l'orecchio. Suoni lenti e trascinati si alternano a fraseggi movimentati, ogni nota ha un peso, niente passa inosservato, l'accompagnamento scarno ed essenziale permette ad una voce beffarda di duettare con la sua eco. La musica è ora così concreta che ha offuscato il sole, lasciando filtrare il il giusto per un'incantevole illuminazione, intima. Tutto scompare, il distributore di benzina, le rocce crepate, il rosso della terra, e mi ritrovo di nuovo solo, le cuffie alle orecchie, nella mia Arizona.

Plane Of Existence by Giant Giant Sand on Grooveshark

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