sabato 17 novembre 2012

The Raveonettes - Observator

The Raveonettes, Observator,
Vice Records, 2012
Quando ero piccolo, molto piccolo, ero convinto che "la canzone" fosse stata inventata da un preciso gruppo nei lontani anni '60, e quando dico "la canzone" non intendo un pezzo che mi entusiasmi particolarmente, ma proprio il "formato canzone", un brano musicale cantato di tre minuti. Forse nella mia ingenuità credevo davvero che prima del '62 a nessuno fosse venuto in mente di usare la voce come strumento e le parole come supporto, o addirittura che prima di allora non esistesse l'idea di musica -terribile pensiero. Ovviamente non troppo tardi mi accorsi che i Beatles, così si chiamava il gruppo che mi trasse in inganno, non erano altro che un episodio neanche troppo originale di un certo momento storico musicale, che tanti avevano preceduto e altrettanti avrebbero seguito. Il potere del marketing e della sua banalizzazione erano però riusciti a ridurre la storia della musica in pochi nomi -Beatles, Elvis, Michael Jackson (...)- e dal momento che quelli di Liverpool erano i più anziani pensavo che a loro si dovesse il prodigio della musica. Poi crebbi, e seppure mi accorsi di essere stato vittima di un tranello ci ricaddi nuovamente: qualcuno mi disse che il rock'n'roll, quello che in questa seconda fase della mia vita credevo essere il primo genere della musica moderna, nacque nel '54 con la registrazione di Rock around the clock di Bill Haley & His Comets. Le nozioni sono così tranquillizzanti, permettono di ridurre ogni complessità in poche date, e il 20 maggio 1954 fu quella che mi permise di liquidare la faccenda musicale. Eppure non ero soddisfatto, in fondo non avevo fatto altro che anticipare di otto anni la certezza precedente, e mi venne il dubbio che forse avrei potuto spingermi ancora indietro, e poi ancora, e ancora.. quando venni a sapere che O sole mio era stata composta addirittura nel diciannovesimo secolo, finalmente capii che il fenomeno della canzone è qualcosa che accompagna gli uomini forse da sempre, da quando riunendoci intorno a un fuoco abbiamo cominciato a pestare dei bastoni sulle pietre e a far uscire dei suoni dalla bocca.

I tempi cambiano, gli strumenti pure, ma la necessità e la voglia di cantare restano.
La canzone è il mezzo più immediato per arrivare all'ascoltatore, senza spaventarlo e offrendogli una gamma di sentimenti incredibili nonostante il limite imposti dalla breve durata e dall'eterno susseguirsi di strofa e ritornello, eventualmente ponte. I Raveonettes sono fedeli alla Canzone, e armati solo dello stretto necessario, riducendo al midollo ogni possibile tecnicismo e alzando al massimo i riverberi e le distorsioni in sottofondo, offrono un breve compendio di cosa voglia dire fare canzoni oggi. Sono consapevoli di appartenere a un'epoca, non hanno la pretesa di fare qualcosa che la sovrasti, ma la raccontano. Testimoni del presente, sfruttano abilmente l'essenza indie proponendone le atmosfere, appoggiandosi su chitarre che si rincorrono lanciandosi in note cadenzate e arpeggi monotonamente ossessivi, pianoforti meditabondi e angosciati, batterie forti e penetranti. Semplici riff che ripetono il tema principale, cori abbozzati, duetti improvvisati e una trasandatezza di fondo, col suono sporco ed elettrico a evidenziare ogni imprecisione piuttosto che a nasconderla.
Cultori della regola dei tre accordi, raramente in un brano si spingono oltre e quando lo fanno l'impressione della semplicità e dell'immediatezza resta comunque.

Oggi non faccio più l'errore di un tempo, e anche se è vero che i Raveonettes non hanno inventato nulla di nuovo, comunque lo sanno fare bene.

Curse the Night by The Raveonettes on Grooveshark

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