lunedì 17 settembre 2012

Pet Shop Boys - Elysium

Pet Shop Boys, Elysium,
Parlophone, 2012
Li abbiamo visti trionfare allo stadio olimpico di Londra, futuristici e statuari, e anche se l'arena ha serbato il suo giubilo per altri momenti, io ho esultato. Mentre nell'intero stadio riecheggiavano le note di West end girls, la canzone che quasi trent'anni fa li presentò al pianeta, imperturbabili e immobili sfilavano lungo la pista dove al resto del mondo era richiesto di correre fino alla nausea, loro, i Pet Shop Boys.

Passano i decenni, giungono le rughe ma Neil Tennant e Chris Lowe restano fedeli all'immagine che hanno mostrato la prima volta, riproponendo ancora una volta la loro personale soluzione allo scontro tra arte e intrattenimento: è incredibile la capacità del duo di far coesistere così pacificamente i due aspetti antitetici della musica, consumo e riflessione. Elettronica da una dose affiancata a voci profetiche, suoni digitali che avvolgono una voce un po' troppo nasale, e per questo ancora più viva sopra a tutti quei sintetizzatori robotici.

La formula segue il canovaccio di sempre: una parola, Elysium, e delle canzoni.
Non un disco, ma una collezione di pezzi fatti di musica e parole. Nessuna unità che leghi le canzoni fra di loro, nessuna continuità, ogni episodio è a sé, completo e realizzato, senza alcun bisogno di anticipatori o successori. Perfetti canzonieri, un po' come i Queen, i Pet Shop Boys sono capaci di crearti un'atmosfera, una potente sensazione nel breve sviluppo di un brano, dai 3 ai 5 minuti. Non stupisce quindi l'ingente mole dei singoli prodotti dai Pet Shop Boys, e del loro successo. Laddove altri artisti necessitano di un intervallo di tempo ben più esteso, loro ci arrivano in un attimo.
Mi è bastato ascoltare una sola volta Leaving per desiderare nuovamente di riviverla senza curarmi di terminare il disco -e dire che è la prima traccia!- come di solito faccio prima di concedere gli eventuali bis in attesa di riascoltare l'intero. Ogni brano vive di vita propria, e se si trova raccolto assieme agli altri è solo un caso. Tra le mani ci si ritrova il classico prodotto pop, la compilation, solo che qui gli artisti sono sempre gli stessi, i sintetizzatori pure, ma le immagini radicalmente e densamente diverse. Dall'ossessiva Ego Music dove pare di ascoltare echi di Art of Noise e degli ultimi Sparks, quelli di Ugly boys with beautiful girls per intenderci, alla trionfante hit che strizza l'occhiolino alle emittenti radiofoniche, dalla sofferta introspezione allo spaccato da musical, figlio forse dell'esperienza del balletto di un paio d'anni fa, abbiamo un universo da ascoltare, e se è vero che ad eccezione di alcuni capitoli le aspettative date dai precedenti Fundamental e Yes restano leggermente insoddisfatte, perché da quei due si pretende sempre di più, mi trovo ora con un nuovo tesoro nel mio olimpo personale, proprio lì, di fianco alla fondamentale Yesterday, when I was mad.

Leaving by Pet Shop Boys on Grooveshark

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