domenica 2 settembre 2012

Get Well Soon - The Scarlet Beast O'Seven Heads

Get Well Soon, The Scarlet Beast
O'Seven Heads
, City Slang, 2012
Per qualche strana legge naturale la meteorologia rispecchia lo stato d'animo, o più ragionevolmente la propria emotività viene influenzata dalle condizioni climatiche.

Piove, esattamente come quel giorno.
Sconfitto scendevo le scale del condominio, convinto di non risalirle mai più. Qualche goccia scivolava dalle grondaie richiamando il mio sguardo, dense nuvole sul punto di scoppiare riflettevano i miei sentimenti, lacerati. Seguivo i miei passi, non sicuro di dove mi avrebbero condotto, potendolo solo immaginare, e riflettevo, sugli errori, sui rimedi, sulla pioggia. Bisognoso di conforto e desideroso di ascoltare nuove voci, entrai nel mio tempio trovandomi immerso in cumuli di dischi che mi osservavano da ogni angolo. Girai brevemente a vuoto quando la mia attenzione venne attratta dall'immagine di un uomo dai colori sbiaditi che disperato si cancellava il volto con le proprie mani, un quadro inquietante che mi tolse ogni dubbio: quello era ciò che stavo cercando. Allungai il braccio per prendere l'oggetto e leggere la scritta a lato del dipinto, Get Well Soon Vexations. Non capivo cosa fosse il nome del gruppo e cosa il titolo dell'album, ma mi piaceva il contrasto creato dalle parole e dal disegno.
Non ci misi molto a capire l'inganno: get well soon non era una promessa, era un augurio. Per di più, non era rivolto nemmeno a me, ma a tutti, e soprattutto a Konstantin Gropper, l'artefice di quei dolci tormenti. Naturalmente non mi fece sentire meglio ma l'ascolto di quella musica mi permise di ridimensionare i dolori che mi perseguitavano, collocandoli in un contesto più ampio, universale, in cui essi occupavano una posizione minima, e sorrisi delle mie pene. 

Passano i millenni, e le angosce umane restano sempre quelle, così, a due anni di distanza da quel giorno mi ritrovo ad affrontare nuove piogge, nuovi tormenti, sempre gli stessi eppure nuovi, e Get Well Soon è ancora qui, a tenermi compagnia, a mostrarmi quanto tutto ciò mi renda umano e grande, e se dovesse venirmi il dubbio, no, non sono solo, la mia condizione è cosmica, così insignificante e assoluta allo stesso tempo.
Nessuna sofferenza, ma un'elegante ed estetica decadenza, dimentica del dolore innalzato ora ad arte,
sorretta da maestosi barocchismi e straripante epicità. Il ritmo si trascina, consapevole di ciò che viene narrato, gli strumenti inizialmente intimiditi dalla portata del messaggio si rinforzano di riverberi e strategie rock, chitarre assassine e voci tenebrose, fino a farsi travolgere da una delicata potenza di cui sono fatti messaggeri.

Ho letto un'intervista a Konstantin Gropper ma non ci ho capito troppo. L'incomprensione forse era dovuta al fatto che era scritta in tedesco, ma più probabilmente perché una musica come quella dei Get Well Soon non si può raccontare, né racchiudere nella parola Melincholie cui spesso accennavano nell'articolo. La sua musica è così densa che basta un brano a caso per penetrare in quel misterioso mondo angosciato e malinconico, ma c'è qualcosa di più, non un lamento, un trionfo. Cori provenienti da mondi ultraterreni, chitarre assassine e giubilanti fiati annunciano un'apocalisse interiore ma ci dicono di non aver paura, non dobbiamo provare compassione né cercare redenzione o alcun altro tipo di salvezza, dobbiamo solo sentirla, e viverla, perché è questo che ci rende reali, e simili.
Ogni nota, protratta così a lungo, ogni battito, violento e irruente, ogni costruzione armonica, riflessiva e introspettiva, trova la sua naturale disposizione permettendo a chi la ascolta di raggiungere quell'assoluta empatia, perché solo così si può realizzare l'augurio inciso su ogni copertina e superare ogni tormento.

Quelle scale, le risalii.

You Cannot Cast Out The Demons (You Might As Well Dance) by Get Well Soon on Grooveshark

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