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Django Django, Django Django, Because, 2012 |
Delle cicale friniscono, la voce di un torrido caldo che scioglie ogni intenzione. Un suono artificioso avverte della minaccia che sta per incombersi sulla quiete e lentamente la calma si fa tesa, si comincia a udire il nostro arrivo. Una futuristica cavalcata ci sta conducendo nella terra del Django Django, un fischio appena udito ci presenta una distesa sterminata circondata da rossi canyon, un ritmo grandioso, quasi epico, ci spinge verso l'insolita avventura, inizia lo spettacolo.
Un popolo di indiani, di quelli con una piuma in testa, ci accoglie con un incomprensibile canto, fatto di campionamenti irregolari ma ripetuti fino a diventare accattivanti, mentre convulsi si muovono animati da un oscuro spirito. Al loro fianco dei cowboy, di quelli con un cappello in testa, li guardano imperturbabili, sul volto non mostrano alcun sentimento, seri si avvicinano e non resistono, la musica è travolgente. Assistiamo ad una strana danza tribale, primordiale, dove indiani e cowboy si mischiano esibendosi in scatti ordinati, composti da gesti comici e squadrati. L'atmosfera surreale mi sopraffà e mi ritrovo anch'io immerso nell'analcolico baccanale, la cui estasi è data da musica ritmi e parole, ripetute e ripetute e ripetute, in un ben preciso disordine.
Già il nome del gruppo e il titolo del loro debutto sono sintomatici: quattro parole, tutte uguali, due per il nome, due per il titolo, una bizzarra simmetria, elementare, ovvia, e ripetuta. I Django Django si divertono delle loro invenzioni e sono contagiosi: se prima ho ballato con gli indiani e i cowboy è anche vero che poi mi sono trovato a creare numerosi suoni da aggiungere ai loro pezzi. La formula è facile, quasi sempre due accordi ripetuti, il primo rassicurante, il secondo sospeso e pronto a risolversi nella certezza del primo. Talvolta ci si spinge ai quattro accordi, ma l'effetto resta sempre efficace, diretto. La semplicità e la ripetitività dei brani permette al gruppo di costruirci sopra degli istrionici castelli vocali ed elettronici, dove alla presentazione iniziale del pezzo si aggiungono mano a mano dei nuovi elementi fino a completare l'opera con un suono completo, pieno. Il gioco non avrebbe a priori un termine, sembra quasi che inviti l'ascoltatore a continuarlo e non c'è da stupirsi se mi è capitato di confondere dei regolari colpi di tosse del vicino di toilette per un voluto effetto musicale.
Il primo pensiero che ho avuto ascoltando l'album è stato "Beta Band!", e in effetti i richiami al gruppo scozzese sono tanti, a partire dall'atteggiamento scanzonato e l'uso dei campionamenti. Poi si scopre che non solo i Django Django provengono dalla stessa regione, ma anche dalla stessa madre! Se però la Beta Band aveva un piglio più filosofico, introspettivo e sperimentale, i Django Django si concentrano invece sull'aspetto più giocoso e ironico della musica, dando luce a un allegro insieme di suoni e melodie magnetiche.
Si capisce allora come faccia ad ascoltare consecutivamente più volte il loro disco.
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