lunedì 16 gennaio 2012

Atlas Sound - Parallax


Atlas Sound, Parallax, 4AD, 2011
Alla fine del concerto, dopo aver giocato per una quarantina di minuti con i diabolici effetti e la chitarra acustica a tracolla, Bradford Cox ringraziò il pubblico, con un vocino così esile e uno sguardo timido. Non ricordo precisamente le parole ma erano poche, molto semplici, sincere. Sembrava stupito della presenza della gente davanti al palco che non solo lo guardavano storpiare e distorcere le sue creature, addirittura lo applaudivano.

Ho scoperto Atlas Sound, il progetto solista del cantante dei Deerhunter, poco prima che arrivasse in città. Probabilmente dovevo aver visto il suo nome in qualche sito specializzato e me lo sono segnato. Quasi immediatamente mi sono innamorato di Logos, l'album più recente di quel periodo. La facilità delle strutture e la delicatezza dei suoni, avvolte dal calore di un riverbero quasi esasperato trovarono in me un ottimo ascoltatore, e non solo: i primi secondi di Shelia strappati dalle auricolari bastarono a contagiare un amico.

Bradford Cox scrive perché ne ha bisogno, così in un anno non si accontenta di pubblicare un meraviglioso album col suo gruppo, il sorprendente Halcyon Digest, ma ci regala -letteralmente- le sue intime registrazioni casalinghe, non un paio di brani, quattro dischi.
Nel 2011 ero impreparato, fortunatamente una vecchia conoscenza è corsa in aiuto.
Pochi giorni fa, spulciando la pagina web di Sondre Lerche mi sono imbattuto nella sua classifica delle canzoni migliori del 2011, trovando tra le prime della lista un'inedita Te amo.
Atlas Sound è ritornato per raccontarci un altro aspetto, più solare, quasi pop, ma sempre malinconico del buon Bradford.

L'atmosfera è un'altra, Let the blind era il primo passo, questo è il terzo.
Parallax.
C'è ancora tanto da dire.

The Shakes by Atlas Sound on Grooveshark

1 commento:

  1. dopo un primo, distratto ascolto si hanno già delle buone sensazioni...(il personaggio e la sua storia lo rendono ancora più intrigante)

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