lunedì 1 aprile 2013

Baustelle - Fantasma


Baustelle, Fantasma,
Warner Atlantic, 2013
Lunedì dell'Angelo, domenica straordinaria.
Prima di arrivare ad un'intima poetica, spesso si passa attraverso l'imitazione, alla storpiatura e alla parodia. Forse era questa la ragione per cui tempo fa mi divertivo a sovvertire i testi delle canzoni italiane che per mia o altrui volontà riempivano le giornate, un ponte verso la mia lirica. Particolarmente felici erano le sperimentazioni a sfondo Afterhours, il cui apice si riassume in quel "qualcosa dentro di me / che mi masturba l'anima" della rivisitazione della vedova bianca; ma anche l'ironia che circondava l'ascetismo di Gesù Cristiano Godano, l'allora cantante dei Marlene Kuntz, prima che tagliasse barba e capelli. Se dovessi ripetere il gioco oggi i Baustelle sarebbero un ottimo tema, ancora una volta, perché già nel tempo fa appena menzionato era volontà un po' di tutti ascoltare i Baustelle, perfino studiarli e criticarli, per via di quel superfluo e talvolta misero citazionismo, fonte di infinite discussioni nella mia giovinezza.

L'adolescenza è ormai un ricordo, e così anche nelle parole di Bianconi, ora si è raggiunta definitivamente la maturità, quella seconda età in cui ci si trova a considerare ogni aspetto della vita, con un morboso interesse verso ciò che più ci respinge ed attrae, l'amore, la morte, e bastano un apostrofo e una lettera per cambiare l'umore. Seppure ad ogni strofa si respira un piglio agnostico, ad ammantare ogni concetto resta lei, l'anima, nel suo significato più nobile, poetico, quell'indefinita essenza che ci definisce attraverso ogni nostra azione, realizzandosi nell'amore, sublimandosi nella morte, e ancora apostrofo e lettera si accompagnano.

Se dovessi ripetere il gioco lascerei stare l'adolescenza, oggi userei immagini capaci di abbracciare cattolicesimo e sensualità, che descrivano la vaticinata e scongiurata decadenza italiana, di quella terra di casanova e padre pio. Ma nella sua complessità Fantasma è pregno, e per quanto l'abbia già ripetutamente ascoltato, confesso di doverne ancora cogliere a fondo l'entità, ché qui la sempre viva ambizione baustelliana si è spinta ben oltre al pop, confezionando un'operetta poetica, in cui la musica si adegua all'intensità delle parole, e allora c'è bisogno di un'orchestra perché di carne al fuoco ce n'è parecchia. Cinematografica, la stabile e chiara voce di Bianconi esige la comprensione dell'ascoltatore, consapevole della bellezza dei suoi sdruccioli versi, talvolta criptici, arcani, comunque eleganti, mentre la musica, morriconiana ed epica, si smuove in tipici risvolti baustelliani, trascinandomi in dimensioni sospese, quell'indefinito che la religione cerca di spiegare, ma basta la musica per avvertire.

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